Il rifiuto è l’altro, qualcos’altro, quell’altro; ho avvicinato il rifiuto all’altezza dei miei occhi, ho provato ad ascoltarlo prima di chiamarlo “altro”.
Mi ha detto che non è come me, ma parte di me.
I rifiuti mi hanno detto che sono dei piccoli frammenti di me; rappresentano quello che ero, quello che sono e quello che sarò.
Spaventa sapere quello che siamo veramente, per questo lo gettiamo via, diciamo che è brutto, che puzza e che non ci serve più ...
... Noi, rifiutati, in attesa di nuove possibilità
I mezzi di comunicazione che a volte sostituiscono prepotentemente le nostre individualità sono immaginati in un futuro prossimo-eventuale-possibile.
I mezzi di comunicazione che, se vogliamo, col tempo, ci svuotano
riempiendoci.
I mezzi di comunicazione che fanno passare tanto tempo, più del dovuto.
I mezzi di comunicazione che devono, per forza.
I mezzi di comunicazione impiegati per dire altro.
I mezzi di comunicazione che con forza ci sbattono a terra e ci fanno mangiare i loro rifiuti, non quelli sani, sinceri, ma quelli nocivi,
quelli che d'altronde noi preferiamo tenere a scapito di quelli più preziosi- ma fastidiosi, che ci fanno dire chi siamo.
I mezzi di comunicazione a volte hanno un intento: farci buttare via ciò che non possiamo più ri-ciclare, re-cuperare, ri-avere.
A volte rimaniamo pieni di rifiuti che non ri-utilizziamo, che non consideriamo più come parte preziosa di noi. Pieni di rifiuti che non abbiamo tempo di considerare, perché costretti a riceverne sempre altri, altri ed altri ancora.
Noi, esseri senza vita, in attesa di nuove possibilità
Rifiuti, esseri senza vita, in attesa di nuove possibilità
I mezzi di comunicazione sono diventati in-comunicabili
Troppo tardi
...
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