Annette Messager, nata nel 1943 a Berk (Francia), ha iniziato la propria attività artistica negli anni '70.
Il suo fare arte è una riflessione sul suo essere donna e artista. Da subito prende le distanze da un'idea tradizionale dell'arte a favore di una maggior libertà di espressione. Nel fare questo celebra l'immaginazione creativa tipica delle donne:
"Ho cercato di assumere una mentalità più aperta verso i materiali che mi ha permesso di non considerarli rigidamente e far partecipare attività tipicamente femminili alla mia opera. Era certamente in contrasto con il gusto corrente del tempo che privilegiava un'arte al maschile, la vera pittura, la scultura, eccetera, ma più che di una strategia privilegiata si trattava di una reazione istintiva. Sentivo che opporre questi piccoli dettagli quotidiani della femminilità nell'arte alta era già un'affermazione critica in se stessa."
Per fare arte usa una gran varietà di tecniche e materiali: dalla pittura e scultura agli assemblaggi, foto, libri, film e ricami, con cui crea installazioni di grande potenza. Materiali comuni (reti da pesca, guanti, giocattoli) che, un po' fuori posto e utilizzati in modo diverso dal solito, creano un disagio e danno un nuovo senso agli oggetti.
Combina mezzi convenzionali con il lavoro a maglia, raccolte di proverbi sulle donne e altre attività quotidiane femminili.
Crea dei Journal intime, falsi diari di una giovane donna degli anni settanta in cui, pur nella sua timidezza, ha la possibilità di lasciare intravedere il suo lavoro senza mostrarlo apertamente:"Anche guardando alle sovrapposizioni che faccio oggi, mi ritrovo con questa vecchia idea del nascondere mostrando, dello stimolare la curiosità, di suggerire che forse ciò che sta dietro è più importante di ciò che si vede. Quindi c'è ancora quest'idea del segreto, che poi è un falso segreto perché viene esposto."
Separare le sue molteplici identità (Annette Messager collectionneuse,/ Annette Messager femme pratique,/ Annette Messager truqueuse,/ Annette Messager artiste) le permette di presentare contemporaneamente lavori assai diversi, mostrando come in noi esistano personaggi a volte contradditori:
" Si è sempre divisi, dibattuti fra diverse possibilità, diversi desideri, diverse vite, soprattutto a venticinque anni."
Più tardi negli anni '80 cambia il suo rapporto con lo spazio e con la serie Les Chimères le sue opere si sviluppano, in grande, sui muri. La paura di mostrarsi è passata. A partire da Pénètration (1993-1994), e nei lavori degli ultimi anni c'è un'invasione dello spazio.
Questo anche in Casino (2005), che occupa tre sale, e dove ritornano alcune costanti del suo lavoro: il rapporto interno/esterno e il nascondere le cose ed esporle nello stesso momento.
" Un'artista dice sempre la stessa cosa, ma in modi diversi. Si va più lontano, si regredisce , si fa un salto in avanti. Ci sono momenti più introspettivi. Come il mondo si modifica, il lavoro si evolve e, invecchiando, si diventa più umani. Ho le illusioni di tutti, lo stesso desiderio di amore, l'angoscia per il tempo che passa. Queste paure mi portano verso il gioco, forse come un esorcismo. Sono più giocosa, più infantile e più seria e certamente staccata da un sacco di cose, come la paura di non sedurre, o di non esserci..."
Con la sua capacità di rompere gli stereotipi crea un suo mondo in cui coesistono il bello e il terrificante, un tempo intimo e un tempo universale.
Trovo il suo lavoro importante quanto la storia stessa dell’evoluzione del suo lavoro. Da una fase quasi criptica ed ermetica è arrivata all’esplosione di una serie di emozioni, una consapevolezza per alcuni versi violenta e cruda. In un’intervista di Beppe Sebaste, pubblicata nel 2003 su l’Unità, Annette Messager sottolinea come, attraverso le sue opere voglia trasmettere emozioni, amori e odi, paura di vivere e di morire, quello che, secondo lei, gli altri tendono a nascondere o rimuovere. Da sempre è stata attenta a ciò che succedeva intorno; negli anni ’70 al centro della sua attenzione c’era la vita quotidiana, l’intimità delle donne, oggi il suo lavoro mostra cosa fare coi materiali d’uso, i tessuti, le lane che si indossano sul corpo, i cuscini. E’importante il carattere femminile di questi materiali... un cuscino dall’aria morbida e confortevole d’un tratto può divenire un oggetto conturbante, inquietante (“punte pericolose che sembravano carine e graziose... ”).
Nella stessa intervista parla dell’animalità perduta, cioè di quella parte animale di ognuno di cui spesso ci si dimentica (“piccoli animali di peluche, animali impagliati che ci spiano, ci sorvegliano, e che magari sono altrettanto cattivi degli umani”).
Le interessa richiamare il misto di animalità e umanità, richiamare il corpo, gli odori, tutti quei segni della vita che più si invecchiano più li si vuole nascondere. E’questo quello che fa con la lana e i tessuti, in un’operazione quasi anatomica, di decostruzione. In francese si dice détricoter, disfare la lana e ricomporla, ritesserla. Utilizza lana di vecchi pullover, magari ancora impregnati del calore dei corpi, vecchia lana che conserva le maglie e le curvature, cioè la memoria che non puoi più raddrizzare o modificare radicalmente.
Ama mostrare la memoria dell’uso, la memoria di un lavoro che si perde. Si guardano le sue opere e si sentono gli odori, i rumori ovattati di un tempo, le ruvidità.
Le opere della Messager dicono la povertà, per esempio quella dei profughi, attraverso delle palle fatte di stoffa, come quelle che si usavano anche da noi in tempo di guerra. Racconta alcuni dei materiali e immagini del mondo che magicamente entrano a far parte delle sue opere, che non hanno bisogno di definizioni speciali, né di un posto a parte nella storia dell’arte.
“Gli artisti non hanno la pretesa di cambiare il mondo – dice - ne fanno parte. Sappiamo che moriremo, ma a differenza degli animali sappiamo anche di far parte di una catena di trasmissione umana, che continuerà dopo di noi, e di cui abbiamo responsabilità. C’è una continuità dell’arte nel parlare dei grandi problemi, quelli fondamentali, la vita, l’amore, la morte. E allora parlare di evoluzione, nell’arte, non ha senso, per me non c’è differenza tra arte moderna e arte antica ... ” .
Il suo punto di vista è molto alto rispetto all’orizzonte e mette in luce molte delle problematiche dell’arte stessa.
Vorrei concludere questa chiacchierata su Annette Messager con l'opera Gonflés-Degonflés del 2006.
E’ una stanza ingombrata, ancora una volta, da elementi anatomici, interni ed esterni: mani, piedi, polmoni, sessi maschili, reni, etc. confenzionati con la stoffa dei paracaduti e animati da una respirazione costante, fluida, riposante.
La dimensione aerea delle ultime opere di Annette Messager lascia emergere l'aspetto più genuinamente utopico della sua poetica corporale. Del tutto scomparso il grottesco, l'impressione è quella di un paesaggio naturale, sottomarino, di una vita autonoma, immanente, quieta, vicina a quella di certe immagini di Yves Tanguy o di Miro.
Dall'intime alle interiora, il percorso artistico di Messager declina il segreto e il mistero come idee fondamentali della vita, non solo umana. Attraverso il corpo, il biologico, l'organico, la natura torna a essere la fonte prima dell'immaginario.
“L’artista diventa specchio e desiderio degli altri, diventa gli altri, non ha più esistenza propria, ma solo lo sguardo altrui. Non si può creare che scomparendo. Non si può ritoccare il proprio quadro. Se c’è Dio, Egli è scomparso nella creazione. E se Dio è assente, tocca agli uomini di fare...”
Christian Boltanski
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